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Post-parto!

Immaginatevi una casa costruita ai piedi di una collina, purché sia ricoperta di prati gialli e alberi sempreverdi.

Una di quelle case vecchie, che poggiano su pavimenti di marmo gelido, isolate da porte scricchiolanti, dove i nostri nonni sono invecchiati lavorando e sopravvivendo del poco che era indispensabile, senza mai eccedere, senza mai cambiare.

Ora riempite questa casa di musica rock e di connessioni wi-fi; dove vi capiti di vedere dello spazio libero, fra soprammobili polverosi e divani dalla tappezzeria improbabile, seminate laptop, macchine fotografiche, smartphone, cavi elettrici, libri dalle copertine patinate, occhiali da sole e mucchi disordinati di attrezzatura sportiva.

Dove c'era quel tappeto polveroso, in soggiorno, sistematene uno morbido da yoga e sotto la finestra che guarda la collina appoggiate un puff in tessuto sintetico.

Se avrete avuto abbastanza fantasia il contrasto ambientale che avrete creato sarà simile a quello che ci circonda in questo momento, dove il desiderio di essere in viaggio – due zaini, una tavola da surf e fanculo al sistema - si fonde con le necessità organizzative, e di studio, di cui ci siamo fatti carico. Creando un conflitto emozionale al quale eravamo in qualche modo preparati, ma che si sta rilevando più intenso del previsto.

Soprattutto per Moka Gialla.

Perché se queste per noi sono le settimane in cui dare vita a Rock N’ Ride, per Moka Gialla, cui mancano i tramonti, le spiagge e le emozioni di essere in viaggio, è invece un mese di merda. 

Se ne sta' sempre chiusa in casa, risponde in malo modo e fa un caffè orribile.

Noi finora abbiamo cercato di non farci caso; un po' perché la capiamo - vivere sballottati da una parte all'altra non è facile per nessuno - e un po' perché è divertente vederla girare triste per la casa, lei che era abituata alla quiete brasiliana e che adesso si ritrova soffocata da un andirivieni di persone, di tecnologia e di rumori.

Ma, dopo quello che mi è capitato di ascoltare l’altra sera, devo ammettere di cominciare a essere sempre più incuriosito dai suoi atteggiamenti.

Saranno state le undici infatti, quando dalla cucina dove Moka Gialla trascorre le notti ho sentito provenire degli strani rumori metallici; così mi sono alzato dal letto per controllare e spiando dal corridoio ho visto Moka Gialla che usciva dalla cucina. 

Si muoveva con sicurezza, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

E’ entrata in salotto, dove l’ho vista arrampicarsi agile sul davanzale e spalancare la finestra. Poi è tornata giù, si è avvicinata alla credenza, ha preso due bicchieri e li ha riempiti di whisky.
Aveva appena finito di posarli sul tappeto da yoga di Laura, ed io stavo giusto pensando di entrare a chiederle spiegazioni, quando dalla finestra ho visto entrare una grossa civetta.

Ci ho messo un po' a capire chi fosse, perché il morbido piumaggio da pulcino e il collo sottile che ricordavo erano scomparsi, e al loro posto vedevo una struttura compatta, da adulto, ma quando, dopo aver abbracciato Moka Gialla, la civetta ha lanciato il suo sguardo attento tutt'intorno alla stanza, e in quei grandi occhi gialli ho visto luccicare l’espressione curiosa che avevo imparato a conoscere, ho capito che altri non era se non Ozzy.

Così sono rimasto nascosto nell'ombra, e ascoltandoli ho scoperto che questa di Moka Gialla e Ozzy che s’incontrano di notte è un’abitudine che risale addirittura al Brasile, a quando lasciavamo Moka Gialla da sola nella cucina dell’Ikc e Ozzy era libero di andare a farle visita.
Incontri notturni che a quanto pare hanno favorito la nascita di un’amicizia, tanto intensa da spingere Ozzy, ormai indipendente nel volo e nella caccia, e forte nelle ali e nella testa, ad abbandonare il Brasile e venire a stabilirsi da queste parti. 

Che poi, se si fossero limitati a farsi gli affari loro, non starei nemmeno qui a raccontarvi questa storia.

Ma a un certo punto, scivolando silenziosamente sul tappeto, Moka Gialla si è avvicinata un poco a Ozzy e con fare preoccupato gli ha detto: «Ozzy, ho bisogno di parlare.»

«Con me?» chiese lui.

«No, con tua sorella. Eccheccazzo Ozzy. Con te, con te!»

«E cosa abbiamo fatto fino ad ora?»

«Abbiamo chiacchierato, non parlato. E se vai avanti così, finisce stasera non faremo altro.»

«Mamma mia quanto sei acida.» Disse lui. «Che succede?»

«Succede che sono preoccupata per i due fenomeni.»

I due fenomeni, per inciso, saremmo noi.

«Che hanno combinato ancora?» Chiese Ozzy.

«Niente. O meglio, tutto. Come al solito.»

«E quindi, dov'è il problema?»

«Il problema è che secondo me sono in giro peggio di prima.»

«Di prima quando?»

«Prima di partire per la California.»

«Impossibile.»

«Giuro.»

«E?»

«E niente. Sai con chi ce l'hanno adesso? Con il piano editoriale. E' tutto un piano editoriale. E contenuti. E argomenti. E pubblicazioni. E condivisioni. E che due palle che mi stanno facendo. Non parlano d'altro.»

«E tu cosa pensi di fare?»

«Non ne ho idea.»

«Hai provato a incasinargli il computer? A staccargli la connessione? A rubargli il cibo?» Chiese Ozzy.

«Già provato tutto. Ma non c'è verso di smuoverli da quella scrivania. Tranne quando vanno a cervi.»

«Vanno a caccia di cervi?»

«Macchè a caccia. Vanno a contarli.»

«Stai scherzando.»

«Magari. Adesso lo capisci perché mi girano? »

Ozzy rise, rovesciandosi addosso un po’ di whisky. «Secondo me sono fantastici.»

«Fantastici dici?»

«Beh, o quello o sono due sfigati»

«Sarà, ma a me danno l'idea di buttare via un sacco di tempo. Ti pare possibile che con tutto il casino che hanno tirato in piedi, fra blog, progetti, viaggi…poi si riducano in questo stato?»

«Che ci vuoi fare» disse Ozzy. «Gli umani sono strani. Ma non è che tu stai esagerando? Voglio dire, andranno anche a cervi, ma mi sembra che qualcosa la stiano facendo muovere comunque.»

«Eh, certo.» Disse con poca convinzione Moka Gialla. «Il budget fanno muovere. Verso il basso per altro. In quello sono bravissimi. La vuoi sapere l'ultima?»

«Vai.»

«A Giugno vanno in Spagna. In Spagna capito? Ma si può? A fare cosa poi...a organizzare workshop di Yoga. Ma dai.»

«Beh, mi sembra una bella idea. Sono stato in Spagna prima di venire qui. E' un bel posto da cui cominciare a lavorare.»

«Lavorare? Ma si è mai sentito di due che vanno in vacanza a lavorare? E poi quei corsi sono gratuiti, altro che lavoro. Lavoro è quando ti pagano, non quando vai in ferie.»

«Si ho capito, ma se stanno in casa non ti va bene, se escono, nemmeno. Che è, sei diventata la loro coscienza?»

«Mi sa di si.» Rispose Moka Gialla con rassegnazione. «Mi tocca di fare anche questo, capito? Che poi... che accidenti vuoi che ne sappia io di come si fa a fare la coscienza. Sono una caffettiera, mica una psicologa.»

«Beh, non te la stai cavando male mi pare. Se solo riuscissi a stare un po' più tranquilla...»

«Stare tranquilla dici? Gran bel consiglio, grazie. Sono commossa. Dove le trovi ste perle? Nei boschi?»

«Ahhh. Sticazzi quanto sei difficile.» Disse Ozzy, ridendo dell'espressione tesa di Moka Gialla. «Ci credi che non riesco a seguirti? Stanno lavorando no? E allora dov'è il problema! Vuoi sapere come dovrebbe essere una coscienza? Presente. Ecco tutto: presente. Non invadente.»

«Ho capito Ozzy, ma te non devi passare tutta la giornata con loro a guardarli imbruttirsi davanti al computer, quando invece dovrebbero preoccuparsi di come sistemare il budget.»

«Sta cosa del budget non regge, e lo sai.» Le disse Ozzy. «Il budget è quello, e da qualche parte dovrebbero spenderlo comunque. Quindi tanto vale che lo investano in qualcosa in cui credono. Sei sicura che non ci sia dell'altro? Perchè giuro che a me sembra proprio così. Che ne so, magari ti da noia il fatto che abbiano fatto una scelta rischiosa.»

Beccata, deve aver pensato a quel punto Moka Gialla, perchè nella frazione di un secondo cambiò espressione e rivolse a Ozzy uno di quegli sguardi inquisitori che le donne - tutte le donne, caffettiere comprese - sanno creare dal nulla quando vogliono mettere in difficoltà un uomo, e gli chiese: «Stai dicendo a me o alla coscienza?»

«Mah, scegli tu.» Rispose sicuro l’altro. «Il risultato non cambia: non li state aiutando, che è quello che dovreste fare. Anzi, secondo me gli state mettendo anche paura. E credimi, non va bene.»

«Beh ma che c’è di male nella paura?» Rispose Moka Gialla, ormai alle strette. «La paura fa bene; ti tiene all’erta. E poi è giusto che qualcuno gli ricordi quello che hanno messo in gioco.»

«Vero. Ma pensi davvero che abbiano bisogno di te per ricordarselo?» Le chiese Ozzy.

«Bah, visto come stanno andando le cose direi di sì. Altrimenti a cosa serve avere una coscienza? E poi dai... tutto sto imbruttirsi non centra niente con lo stile di vita che hanno scelto. Se proprio dovevano ridursi in questo stato tanto valeva che rimanessero dov’erano. Che alla fine non è cambiato nulla. Tranne che adesso è tutto più complicato.»

«Ecco fatto, complimenti: questo è il classico ragionamento da coscienza frustrata. Ma che c'entra la difficoltà. Le difficoltà vanno affrontate, punto e basta. E poi lo sappiamo che è una questione di tempo.»

«Ok ma...»

«E allora lasciglielo sto tempo! Eccheccazzo!» La interruppe Ozzy spazientito.

«Si eh? E come la mettiamo con il budget? E’ lui che decide il loro tempo.»

«Ahhh, Sto Budget!» Esclamò Ozzy, sbattendo le ali. «Mi hai fracassato i coglioni con sto budget. Non è che puoi sempre attaccarti al budget.»

«Porca miseria Ozzy, a sentir te è tutto facile. Ma non è mica il tuo di culo che è in gioco.»

«Già, hai ragione.» Ammise Ozzy. «Non è il mio culo che è in gioco. Però lascia che ti dica una cosa: dal Brasile a qua ne ho fatta di strada, e ne ho conosciute di persone. Ho ascoltato le loro storie e se c'è una cosa che ho imparato è che quando ci sono di mezzo l'amore e l'onestà, nelle cose che si fanno, va sempre tutto per il meglio. E a me sembra che di amore e di onestà in questa storia ce ne siano in abbondanza. Quindi, se vuoi sapere come la vedo io, l'unica cosa che puoi fare per aiutarli è assicurarti che non smettano mai di fare quello che amano. E che non si prendano per il culo. Serve proprio a quello la coscienza: a proteggere le persone dal prendere in giro se stesse. Mica a spaventarle.»

Moka Gialla rimase in silenzio per qualche secondo; guardava le stelle oltre la finestra e sembrava cercare il coraggio di credere alle parole dell'amico.

«Merda Ozzy.» Ammise in fine. «Mi sa che hai ragione.» 

«Certo che ho ragione!» Rispose lui, scuotendo le ali e la coda.

“E quindi?”

“E quindi niente. Devi solo avere fiducia in loro...e magari cominciare a fare un caffè decente.» Disse Ozzy sorridendo e avvolgendo Moka Gialla in un abbraccio.

«Che ne sai tu del mio caffè?» Gli chiese lei.

«E' una storia lunga...Adesso limoniamo si o no?»

Moka Gialla si liberò dall'abbraccio di Ozzy e lo guardò sorpresa.

«Eh?»

«No niente... dicevo così, tanto per dire.»

«Ah ecco.»


E dopo questo, me ne sono tornato a letto.

Dove logicamente non sono riuscito a chiudere occhio, perché fin da subito mi sono ritrovato a riflettere sull'effettiva necessità di mettere in bocca a una caffettiera - e a una civetta brasiliana - i contrasti della nostra coscienza. 

E continuo a domandarmelo anche adesso, dopo 1993 parole, che chiunque si occupi di digital marketing troverebbe eccessive e contro ogni regola di sano e scientifico blogging.

Ma ho deciso di correre comunque il rischio; perché sono certo che tutte le emozioni, e i timori, che stiamo scoprendo in questo periodo siano gli stessi che rimbalzano nella testa, e nel cuore, di chiunque abbia mai pensato di mettersi in gioco per cambiare la propria vita.

E di questo, sono sicuro, vale la pena di parlare.

Fuck Yeah!

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