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"Do lip da onda, atè a base. Da base, atè o lip. Assim è a vida."



12 Gennaio 2014

Il giorno di Santo Stefano ci siamo spostati a vivere dalla capanna vicino alla tana di Ozzy a un container di ferro, lungo quaranta piedi, nascosto fra gli alberi a pochi metri dalla laguna.
Prima di diventare il nostro rifugio il container era utilizzato come palestra, quindi il tetto è stato isolato, le pareti interne verniciate di bianco e sul pavimento è stato posizionato un tatami.
Sul lato lungo, quello affacciato sulla laguna, è stata intagliata una grande finestra. 
Ed è proprio lì sotto che dormiamo noi due.

E' un posto controverso nel quale vivere: scomodo, umido e disordinato.
Ma ricco di sorprese.
Non sappiamo mai che tipo di notte ci aspetta, per esempio.
Se durante la giornata il vento soffia da nord, si dorme alla grande.
La luna si specchia oziosa sulla laguna e la brezza che accarezza gli alberi crea un leggero rumore sonnifero, tipo i dopopranzo in macchina con il capo.
Se invece il vento non si fa vedere è probabile che ci toccherà una notte infinita, fatta di lenzuola appiccicose e di aria che diventa di ora in ora più pesante. 

Ma poi arriva l’alba, l'umidità della notte evapora e sulla laguna si alza un fitto strato di nebbia, che si estende fino alle colline che ci separano dall'oceano.
E in quei pochi minuti di transizione, fra il bagnato fradicio della notte e il caldo equatoriale della giornata in arrivo, riesco a percepire al massimo la bellezza del luogo in cui ci troviamo.
Laggiù, vicino alla spiaggia, i raggi del sole vengono riflessi dalle montagne e la laguna si tinge di rosa.
Sembra che si muova, mescolandosi all'umidità che sale.
Dai canneti spuntano lagartos e altri strani animali e si riesce a sentire perfino il rumore dei pesci che saltano fuori dall’acqua.

Questa poetica tranquillità dura fino al risveglio delle decine di specie di uccelli che popolano gli alberi fra i quali è stato posizionato il container, i quali scandiscono la nostra sveglia mettendosi a cinguettare tutti assieme. Dal nostro letto si ha l'impressione di osservare un'indaffarata strada di quartiere, dove casalinghe dalle voci stridule gridano l'una contro l'altra e bambini irrequieti si rincorrono ovunque facendo un gran casino.
C'è un uccello in particolare, chiamato quero quero, che si piazza tutte le mattine su un ramo a pochi metri dal nostro letto. Passa ore intere, senza sosta, ad emettere quello strano verso da cui prende il nome. Quero quero.
Che in portoghese vuol dire: voglio voglio.
Anch'io vorrei vorrei dormire; ma fra le pareti che iniziano a scottare, gli uccelli che cantano e l'umidità che evapora dai vetri la cosa migliore che posso fare è alzarmi e cercare il bagno.
Che si trova in fondo a delle scale traballanti, vicino alla pompa del pozzo, oltre il prato, nei pressi del parcheggio. A piedi ci vuole un minuto buono.

Il bagno è all'aperto ed è aperto, cioè senza porte, e la notte diventa rifugio per un sacco d’insetti.
Ci sono ragnatele enormi che sbarrano le porte, scorpioni che spuntano dal water, bacherozzi rincoglioniti che sbattono contro le pareti e almeno cinque tipi diversi di falene.
Sembra di essere all'interno di un documentario e ogni volta che vado in bagno mi sento spiato da Piero Angela.
Infatti, per mantenere la privacy, ho cominciato a farla dalla finestra.

Passato questo momento transizione, quando il sole è alto nel cielo e l'umidità della notte scomparsa, arriva il vento.  E tutto il centro si mette in moto.
E' anche il momento in cui compare l'abominevole uomo di Ibiraquera, nelle sembianze di un surfista dal tronco enorme, con i dorsali che sembrano ali e le braccia muscolose coperte da tatuaggi. Vive in questo posto da circa nove anni e la nostra amicizia risale a quel tempo.
Non gli sfugge niente di quello che succede all'interno del kitecenter, anche se noi gli stiamo rendendo la vita difficile.
Di tanto in tanto, infatti, lo vediamo avvicinarsi con lo sguardo esasperato e, indicando uno qualsiasi dei punti dove abbiamo seminato le nostre cose, lo sentiamo emettere degli strani versi, tipo: «Roooottttaaa!!» oppure «OqueeEEEEiii??».
Sembra implorarci di non incasinargli il territorio e di non mettergli in disordine le cose.

Nonostante lui e la moglie sia molto indaffarati, troviamo sempre una scusa buona per andare a surfare assieme e la loro compagnia, e lo straordinario ambiente naturale che ci circonda, ci stanno regalando delle giornate splendide, nelle quali abbiamo a disposizione lunghe ore di riflessione e rigeneranti session di surf nelle spiagge vicine.

Con il risultato che piano piano, come un quadro che prende forma, prima nell'intuizione di un artista e poi, solo quando è il momento, sulla tela, le nostre menti inebriate di energia positiva stanno cominciando a visualizzare un progetto.
E' ancora così grezzo che definirlo progetto è un peccato di presunzione; ma mi permetto di compierlo perché nella nostra immaginazione è chiaro come un dipinto che già esiste.

Arriverà presto il momento di parlarne anche su MokaGialla; per ora è sufficiente dire che nei prossimi giorni ci sposteremo a Florianopolis, dove un altro amico speciale ci ha messo a disposizione un luogo altrettanto speciale nel quale sostare prima di ricominciare a viaggiare.

Viaggiare. Si tratta sempre di quello.
E’ un po’ come fare surf; ad ogni onda – ad ogni viaggio - impari qualcosa. 

E la descrizione dell’abominevole uomo di Ibiraquera, in questo senso, è perfetta:
“Do lip da onda, atè a base. Da base, atè o lip. Assim è a vida.”*


About traveling 

* “Dalla cresta dell’onda fino alla base. Dalla base fino alla cresta. Questa è la vita”.


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