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Il merito è tutto loro.

Florianopolis
Lo sapete che cosa fa la merda nei tubi?
Gira.
E noi, «prigionieri» per tre settimane a un'ora di macchina da qualunque servizio, circondati dal solo verde della giungla, abbiamo fatto la stessa cosa.
Abbiamo girato. A vuoto.
In cerca di risposte, ho capito in seguito. 
Ma se nel corso di quelle giornate infinite qualcuno mi avesse detto che la soluzione stava nell'intervento di due artisti, uno famoso, l'altro un po' meno, ma altrettanto determinante, beh, gli avrei riso in faccia. Però è andata così, anche se nel mezzo c'è molto altro.
Dopo un mese di dolce vita all'interno dell'IKC ci siamo spostati a Florianopolis, dove Rosemar, un caro amico con il quale ho collaborato in passato, ci ha regalato la possibilità di ritirarci a riflettere nella più lussuosa fra le case che abbiamo mai abitato.
Una splendida villetta in legno e mattoni bianchi situata in località Ratones, zona nord dell'isola di Florianopolis.
In questa casa c'è proprio tutto: cancello con comando a distanza, giardino curato, tv via cavo, due bagni, clamorosa veranda con amaca e puff, parcheggio sul retro, orto con zucche, insalata e pomodori... Ci sono addirittura un cane dalla lingua blu e ben sei quaglie che ci tengono compagnia.

Le intenzioni con le quali siamo venuti a Florianopolis erano diverse dal passare giornate su giornate chiusi in casa; eravamo certi che avremmo continuato a fare surf tutti i giorni, che saremmo andati a esplorare i sentieri che si addentrano nella giungla e che avremmo visitato tutte le spiagge e le altre meraviglie dell'isola.
Avevamo voglia di muoverci, insomma.
Ma la schiena dolorante di Laura - colpa del wakeboard - e una mia fastidiosa influenza - psychoinfluenza? - hanno azzerato la voglia di uscire e ci hanno lasciati confinati dentro casa con i nostri pensieri.
Che sono in realtà gli stessi di quando siamo stati a Scorpion Bay, e che si possono tradurre in un'unica domanda: E mò, che cazzo famo?

Voglio dire, siamo in giro ormai da cinque mesi e non ci siamo certo tirati indietro dal lavorare: abbiamo preparato una proposta di sviluppo per un marchio americano, abbiamo organizzato retreat di yoga for surfers a Garopaba e di SUP yoga a Ibiraquera e abbiamo incontrato impresari per valutare opportunità di lavoro. Ma adesso che il viaggio si sta avvicinando alla fine un tanto di pressione la stiamo cominciando a sentire.
Il problema, però, è che nessuno dei progetti ai quali abbiamo lavorato ci ha motivato abbastanza da volerlo rendere il punto di partenza per il nostro percorso futuro.
E' come se, per quanto interessanti, proposte di quel tipo ci appaiano velate da una sensazione di dovere, e non di appartenenza a quel quadro più grande che speravamo di incontrare lungo il percorso.

E' crudele scoprire che tutte le belle cose che abbiamo fatto negli ultimi anni - a livello lavorativo intendo - hanno perso la loro carica emozionale nel volgere di pochi mesi. 
Ci si sente vuoti, nonostante la voglia di fare.
E se a tutto questo aggiungiamo il budget in via di estinzione con il quale conviviamo, beh, è facile intuire il nostro stato d'animo nelle ultime tre settimane.

«Sono alla frutta, Six.» ho detto a Laura, nel corso di uno degli interminabili pomeriggi passati sulla veranda di casa, in preda all'inutilità più profonda.
«Mi sa tanto che ho bisogno di Marco Paolini.»
Non lo so se è per il dialetto veneto che mi ricorda casa o per i temi di cui tratta, ma per me Paolini è sempre stato fonte di ispirazione.
I suoi spettacoli sono un concentrato di amore e passione. Sono emozione allo stato puro.

Ed è stato proprio passando ore e ore ad ascoltare Paolini che ho capito che la domanda che ci stavamo ponendo non era quella corretta.
Persone fortunate come noi - abbiamo tempo, professionalità, determinazione, una situazione familiare stabile - non dovrebbero preoccuparsi di cosa fare; dovrebbero sforzarsi di capire cosa amano fare.
Il segreto sta li, e non sono certo io a scoprirlo.

Se si capisce questo piccolo ma significativo dettaglio, frasi come: «You've got to find what you love...» - Steve Jobs - oppure: «Tutti possono migliorare, a dispetto delle circostanze, e raggiungere il successo se si dedicano con passione a ciò che fanno.» - Nelson Mandela - possono smettere di essere astratte citazioni di grandi - e irraggiungibili - protagonisti del nostro secolo, e diventare messaggi chiari e semplici a cui ispirarsi. 
Bisogna solo avere il coraggio di essere onesti con se stessi. 

Capito questo, è stato facile compiere il passo successivo.

Anche se, per chiudere il cerchio, è stato necessario l'intervento dell'altro «artista», quello meno famoso: il mio amico Mattia. L'uomo dalla fronte più morbida del mondo che nel corso di una delle interminabili skype call alle quali lo abbiamo costretto ci ha regalato, oltre a mille consigli utili, anche l'idea che ci ha fatto prendere una direzione certa e smettere di imitare la merda nei tubi.

Il «cosa» abbiamo deciso di fare, a questo punto della storia, non è rilevante. 
Raccontarlo sarà compito dei prossimi post.

Quello di oggi vuole essere un ringraziamento.
Rivolto a braccia aperte a tutte le persone che nel corso di questi anni ci hanno aspettato, supportato, incoraggiato, amato, ispirato.

Eh già.
Perché se oggi possiamo sentirci, più di ogni altra cosa, immensamente fortunati, il merito è tutto loro.


Fuck Yeah!

3 commenti:

  1. Quindi che cazzo fate? Dai che son curioso. ....dai dai....

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  2. Qui ragazzi l unica cosa che mi fa andare avanti è il mio super popo....ho ancora un lavoro e una splendida famiglia...e poi c è nell aria un profumo di rivoluzione silenziosa che non si sa di preciso quando arriverà ma cristo santo se arriva.....quindi avanti così ragazzi....never give up guys...un abbraccio

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  3. Yo Man!
    Per prima cosa a Marzo torniamo...così vediamo i progressi del Popo..che credo sia l'unica cosa che ti faccia stare con i piedi per terra...noi, che di "popi" non ne abbiamo...abbiamo ben pensato di continuare a stare fra le nuvole...ci vediamo presto Bro!Saluta la Family!

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